I ruderi del castello di Donoratico, monumento nazionale esaltato anche dal poeta Carducci, si raggiungono percorrendo la SS1 Aurelia fino a Donoratico, qui ci immettiamo sulla SP16 che attraversa il paese e proseguiamo in direzione Roma fino al bivio per Castagneto Carducci. Dopo circa 1 km svoltare a destra. Da quando il ristorante pizzeria ‘La Torre’ ha chiuso non ci sono indicazioni e l’area è privata.
I ruderi dell’alta Torre di Donoratico dominano un largo tratto del litorale tirrenico. Circondata dagli scarsi resti delle due cinte murarie che l’avvolgevano, dalle fondamenta dell’antica chiesa castrense e altri edifici venuti recentemente alla luce [sono ancora in scorso scavi archeologici – Clicca qua per visitare il sito dell’Università degli Studi di Siena Area di Archeologia Medievale dedicato a Donoratico] è ciò che resta dell’antico castello costruito dai Conti di Donoratico, i Della Gherardesca. Dalla metà 1100 divenne la loro sede privilegiata. La funzione del castello era quella di difendere questa parte delle coste dalle incursioni sanguinarie dei saraceni, dei pirati e dei nemici della Repubblica Pisana prima e, nel corso del 1400, Fiorentina poi.
Il ritrovamento di ceramiche e di un circuito difensivo ‘ciclopico’ [ovvero costruito con grossi blocchi di pietra], oltre alla presenza di tombe dello stesso periodo scavate nella roccia dei terrazzamenti sottostanti prova la presenza su questa altura di un’importante evasta fortezza etrusca. La prima menzione esplicita di un insediamento fortificato risale al 1176, ma l’esistenza del castello è sicuramente più antica e sembra, grazie alla datazione di reperti rinvenuti durante gli scavi appartenenti ad un insediamento ligneoprecedente al castello in pietra, risalga addirittura a prima del X° secolo.
La prima cinta muraria in pietra che si estende lungo i margini della sommita del rilievo, di cui rimangono numerosi tratti a sud-ovest e sud-est, risale alla seconda metà dell’XI° secolo. La pietra fu usata all’interno del recinto per la costruzione della chiesa, provvista di un’unica navata e ampliata nel secolo successivo. Nel corso del XII° secolo fu costruita una prima torre utilizzata come residenza fortificatadai Della Gherardesca, con solai lignei e copertura a volta in mattoni, in prossimità della chiesa insieme ad una nuova cinta muraria, più alta e più spessa, della quale restano ancora intatti alcuni tratti – sui versanti ovest ed est – e l’originaria porta principale a nord. L’area sommitale fu racchiusa in un secondo anello fortificato dotato di un’unica entrata aperta lungo il tratto sud-ovest. Anche la chiesa fu ampliata e abbellita. Nel secolo successivo fu costruita una nuova torre appoggiata alla preesistente. Fra il XIV° e il XV° secolo furono effettuati interventi mirati a fortificare le strutture preesistenti, costruendo in alcuni tratti dei muri a scarpa addossati al circuito murario, ma iniziò anche l’abbandono delle prime abitazioni. Il nucleo del castello fu fatto saltare nel 1447 dall’esercito di re Alfonso d’Aragona durante la sua discesa in Maremma.
Ancora oggi la torre principale si eleva per tutta la sua primitiva altezza con totalmente intatto il lato perimetrale sud e parte di quelli est e ovest. Sul lato est di questa torre si trova un’altra struttura i cui lati e aperture sono ancora ben leggibili. I due edifici rappresentano uno dei più importanti esempi di architettura medievale in questo territorio e costituivano la residenza signorile. Del borgo, distribuito concentricamente lungo i sottostanti terrazzamenti, sono identificabili tra la vegetazione e malgrado gli imponenti crolli, resti appartenenti agli edifici che lo costituivano. Durante i recenti scavi sono tornate alla luce pavimentazioni in cotto e pietra, i muri perimetrali della chiesa ed alcune colonne quadrate della sua navata.
La leggenda, avvalorata da Dante Alighieri, narra che abitò qui anche quel Conte Ugolino che a Pisa fu fatto morire di fame con i figli e i nipoti (La Divina Commedia – Canto XXXIII dell’Inferno). Il grande poeta Giosuè Carducci, che trascorse la sua gioventù in queste terre, volle esaltare la Torre di Donoratico con questi versi: “Ricordi Populonia, e Roselle, e la fiera Torre di Donoratico a la cui porta nera Conte Ugolin bussò, Con lo scudo e con l’aquile e la Meloria infrante, Il grand’elmo togliendosi dalla fronte che Dante Ne l’inferno ammirò Or (dolce alla memoria) una quercia su’l ponte Levatoio verdeggia e bisbiglia, e del Conte Novella il cacciator Quando al purpureo vespero su la bertesca infida I falchetti famelici empiono il ciel di strida E il can guarda al clamor…”
Fonte: castelli toscani